lunedì 17 marzo 2014

da *Il cibo dell'anima* di Salvatore Natoli

Estratto dal volume *Il cibo dell'anima* 
di Salvatore Natoli
Edizioni Albo Versorio, Milano 2013


Per gustare, sul cibo bisogna indugiare e questa è un'altra sapienza: se si mangia veloce non si gusta, il cibo ha bisogno di tempo e di sosta. Nel nostro mondo, il mondo della velocità, si vede bene come ormai vi sia un cibarsi disperato che impone poi da sé l'introduzione di correttivi, come per esempio l'abuso di diete peregrine. Correttivi che una moderazione costante eviterebbe poiché produrrebbe da sé, nel suo esercizio, equilibrio.

In questo senso, dunque, da un lato, assestando il livello e riprendendo il senso della misura aristotelica, il distacco è la condizione del piacere, non del godimento immediato ma della sua stabilizzazione nel tempo, dall'altro il cibo è qualcosa che si consuma insieme perché mangiare da soli vuol dire mangiare per la sopravvivenza, mentre condividere il pasto vuol dire scambiare vita. Infatti, una delle caratteristiche fondamentali del simposio antico - e non solo antico - era quella di essere un'occasione per conversare. Lo stesso Simposio di Platone ne era un modello, ma anche oggi, la cena è organizzata per stare insieme e per conversare, in essa pane e cibo diventano parola. Nel mangiare da soli si nasce, nel mangiare insieme si conversa e il cibo materiale diventa l'occasione per nutrirsi delle parole degli altri.

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