venerdì 23 maggio 2014

* Come mi cucino il lunedi * di Federico Bertellini

Avevo prenotato un tavolo vicino alla finestra in un ristorante molto esclusivo. La feci accomodare poi mi sedetti a mia volta. Hai fame? le dissi.
Lei annuì. E tu?
   Per tre quarti.
   Tre quarti?
   Intendo che ho lo stomaco vuoto per tre quarti. Dato che sapevo che avremmo dovuto cenare fuori, oggi non ho mangiato molto. Nonostante fosse lunedì.
   E perché? domandò. Di lunedì cosa mangi?
   Bè, dipende dagli impegni. Devo essere molto rigido, altrimenti vado in confusione. Questa cosa degli alimenti è molto delicata. Se non bilancio il giusto apporto di proteine, grassi, amminoacidi essenziali eccetera, possono succedere due cose molto spiacevoli. La prima è se non mangio a sufficienza. Allora in quel caso mi mancano le forze, perdo lucidità, non riesco a ragionare. Risultato: i lavori che devo fare li faccio male, sono distratto alle riunioni e sono scorbutico con gli amici. Alla lunga potrebbe portarmi addirittura a una retrocessione della mia posizione lavorativa, perdita di soldi, e di capelli, della macchina eccetera. E’ una questione che è meglio non sottovalutare.
L’altra eventualità è nel caso io mangi troppo. In quel caso, ingrasserei. Io non ci metto niente ad ingrassare, basta un grissino di troppo ed è finita. Dico sul serio. Devo stare attentissimo. La mia forma fisica d’altra parte è fondamentale per il lavoro che svolgo. Devo essere in forma per far vedere che il prodotto che vendo migliora la vita sotto tutti gli aspetti. Tu ti fideresti mai di un ciccione che vende bilance per pesarsi?
   Bè, no, ammise lei.
   Infatti. È praticamente la stessa cosa. Il risultato sarebbe la perdita di clienti, e quindi di capelli, la mia posizione lavorativa retrocederebbe, perderei macchina e appartamento. In buona sostanza, la mia intera vita si svolge in precario equilibrio. Da entrambe le parti c’è il baratro. Devo essere rigido e inflessibile. Devo calcolare eventualità e conseguenze. Prendiamo ad esempio il lunedì, la giornata più importante di tutti.
   Come mai? disse lei.
   Bè, è semplice. Di lunedì il corpo è ancora rimbambito dall’illusione di essere in vacanza. Bisogna essere severi con il proprio fisico. Inoltre, bisogna mangiare un po’ più degli altri giorni, per avere energie sufficienti per tutta la settimana. Per aiutarmi, divido la giornata in tre fasi. Colazione, pranzo e cena. Appena mi sveglio faccio esercizio fisico: cinquanta flessioni e cinquantacinque addominali. Tre serie di ognuno. Aggiungo una doccia per rinfrescarmi e poi termino la "colazione" affacciandomi dal terrazzo per cinque minuti. L’aria fresca aiuta a risvegliare il cervello. La stessa sensazione di un’insalata fresca e condita con pochi, essenziali elementi. Dopodiché esco. 
Il “pranzo” invece è la fase più lunga di tutte e anche la più imprevedibile. Comincia con il viaggio in macchina. Se dura più di dodici minuti, arrivo in ufficio nervoso e irritabile, e questo non è salutare. Così, se mi accorgo di essere in ritardo ci vado giù pesante con l’acceleratore. Immaginati un piatto di spaghetti al pecorino su cui macini pepe più che in abbondanza. 
Arrivato in ufficio, lavoro instancabilmente fino all’ora di pranzo, come un apprendista panettiere che lavora senza sosta l’impasto di una pagnotta. Dopodiché lascio riposare la pasta per un po’, cioè per la durata della pausa pranzo, quindi passo al contatto diretto con i clienti. Per fare un paragone, se mi capisci, i clienti non sono altro che la pasta che ho massaggiato febbrilmente per tutta la mattina. Ho raccolto informazioni, li ho studiati e li ho adulati. Una volta fatti riposare, sono pronti per essere “infornati”, se mi spiego. Anche questo è un processo molto delicato, in cui bisogna bilanciare tempi ed ingredienti. Quando ho finito, torno a casa felice e soddisfatto, pronto per passare all’ultima fase.
  La cena, disse lei.
  Esattamente. La cena. Se si tratta solo di me, preferisco stare leggero. Con gli anni ho capito che quello che mangio di sera è anche quello che sogno di notte. Un’insalata fresca e leggera sono nuvole, uno stinco condito sono tamburi sottoterra. A seconda di quello che voglio sognare, mi regolo di conseguenza. Se invece sono in compagnia, allora la cucina è un modo come un altro per dare sfoggio di sè. Danzo e mi esibisco tra i fornelli come un ballerino, e ottengo un risultato preciso e impeccabile, come una torta estremamente decorata.
Appena ebbi finito di parlare, si avvicinò un cameriere e ci elencò una per una le portate. Potrei anche dirvi che cosa ordinammo, ma sarebbe del tutto irrilevante. Non è tanto quello che mangiamo che definisce le nostre esistenze. Invece potrei dirvi che mi fu permesso di accompagnarla fino alla porta di casa, e quando feci per entrare anche io lei mi fermò e mi disse: oggi è lunedì. Di regola, il lunedì dormo da sola. Se avrai voglia di frequentarmi, dovrai rispettare questa cosa.

Ogni tanto è bello trovare qualcuno che la pensa proprio come te.


Laboratorio di Scrittura alla Biblioteca Venezia,
maggio 2014

lunedì 19 maggio 2014

* Gusti e sapori * di Elisabetta Quadranti


Il gusto che amo di più è quello della SERENITA’: è semplice e caldo, riso e condiviso come gli spaghetti al pomodoro che adoro.

La PAURA è il sapore che arriva piano piano, è grasso e salato e un po’ freddo… come un arrosto bruciacchiato che non vorresti mangiare, ma sei obbligato a farlo.

La SPERANZA è dolce o soffice come una torta al cioccolato ancora tiepida che qualcuno ti ha cucinato con amore, inaspettatamente.

La DELUSIONE ha il gusto amaro, aspro e gelido di un cocktail che hai ordinato senza conoscerne gli ingredienti.


Laboratorio alla Biblioteca Venezia,
maggio 2014